L'Italia rallenta sullo Smart Working: Lavora da casa il 13% degli occupati
Lo Smart Working. E’ una parola e un modo di lavorare con cui abbiamo acquisito familiarità durante la pandemia e, purtroppo, sembra che sia rimasto legato, come concetto, a questo spiacevole evento.
Durante la pandemia, lo smart working è stato un “salvagente”, un modo che permetteva a tante persone e a tante aziende di continuare a lavorare in un momento in cui erano stati colti di sorpresa da una situazione che non gli permetteva di recarsi fisicamente in ufficio.
Col passare del tempo e - per quanto riguarda l’Italia - gettando un occhio all’estero, anche gli italiani si sono accorti che lo smart working non è una “opzione salvagente” ma una vera e propria risorsa che può essere sfruttata per aumentare la produttività. Non sorprende, infatti, che lo smart working stia pian piano diventando strutturale: non è più un eccezione, sta diventando un’opzione valutata all’interno delle organizzazioni aziendali.
E’ per questo che tuttavia, rimaniamo molto sorpresi nello scoprire che lo smart working in Italia sta facendo un passo indietro: solo il 13% degli occupati lavora da casa!
Molte delle persone che si sono spostate nei propri home office durante la pandemia sono, quindi, tornate a lavorare in ufficio. Ma è davvero tutto come prima?
Non è tutto come prima: lo smart working sta prendendo piede, anche se più lentamente del previsto. Sono in crescita, infatti, i lavoratori che lavorano da casa, o da remoto, per 1 giorno alla settimana, oppure per meno della metà delle ore lavorative settimanali previste.
Le modalità classiche di lavoro in ufficio stanno diventando più flessibili, ma la scintilla del cambiamento si è affievolita con l’allentare delle misure di sicurezza dovute alla pandemia.
Che il cambiamento avviene lentamente in Italia ce lo dicono anche i dati provenienti dal resto d’Europa: nei paesi europei la percentuale degli smart worker continua ad aumentare anche dopo pandemia e vari lockdown.